dal quotidiano LIBERAZIONE - MARZO 2010
GIOCARE A DADI CON LE STELLE di Roberto Gramiccia
Testi critici

Si racconta che Renato Caccioppoli, il grande matematico-poeta troppo presto dimenticato, rispondesse una volta a un suo allievo che gli poneva una questione banalmente inerente al programma di studio: <<Guarda che dio non gioca a dadi con !'universo>>, recuperando una celebre frase di Einstein.
Adele Lotito, artista romana che attraversa una fase particolarmente felice della sua ricerca, reduce dalla mostra dedicata al grande matematico napoletano recentemente proposta a Roma da Pino Casagrande, recupera secondo il suo stile inconfondibile le atmosfere mentali evocate dalla figura del nipote di Bakunin (Caccioppoli appunto). Atmosfere che mischiano esprit de geometrie ed esprit de finesse non alto scopo di fare sfoggio di inutile erudizione, ma netta convinzione che scienza e umanesimo vanno d'accordo e si completano a vicenda.
Esiste uno scientismo sciatto e arrogante che non va da nessuna parte, così come esiste un umanesimo appiccicoso e inconcludente che rimane al palo. Quello che serve nell'arte, così come in ogni grande disegno di trasformazione della realtà, è una scienza al servizio dell'uomo, per capire la realtà e trasformarla o anche solo per avere il privilegio di frequentare "l'inutilità" dell'arte.
La forza dell'arte, appunto, risiede nel suo non perseguire finalità tattiche. Essa abita nell'utopia di un disegno che non conosce padroni, non conosce confini e che, in quanto tale, è sovversivo, capace cioè di spostare in avanti o capovolgere, sempre e comunque, equilibri e orizzonti.
L'orizzonte di Adele Lotito è un cielo di nerofumo che lei dipinge usando non tempera né olio né grafite ma vero fumo di candela. Le sue superfici sono variabili, come variabile è il cielo e imprevedibile la scenografia delle nuvole. In questa incertezza (il caso) si apre la regolarità (la necessità) dei numeri e delle lettere che abitano le sospese superfici di questa artista. A dare solidità, senza perdere in leggerezza, alla poetica di Adele Lotito c'è un'idea a dir poco originale che informa di sé l'installazione presentata a partire dal 16 marzo presso lo Hyunnart Studio (visitabile fino al 16 marzo) di viale Manzoni 85 a Roma.
L'installazione, che occupa l'intero spazio di questa galleria, si intitola "i dadi di dio" (per la cura di Mario de Candia e Patrizia Ferri). E l'originalità sta proprio nei dadi e cioè due grandi cubi sospesi a mezz'aria, ciascuno dei quali occupa i due ambienti comunicanti della galleria. Il peso del cubo è risolto dalla leggerezza del suo stare Sospeso, così come la leggerezza del fumo trova radicamento nella geometria del dado e, ancora, la certezza delle lettere (il logos) e dei numeri (la scienza) entrano in un dialogo serrato e originalissimo.
II dialogo tra leggerezza e pesantezza sembra alludere alle "Lezioni americane" di Italo Calvino, anzi sembra artisticamente illustrarle e il nero del nerofumo conferisce solennità a questo fraseggio.
Ma poi c'e uno scatto di ironia, un graffio che aggiunge stile all'installazione e richiama, tanto per intenderci -fatte le dovute proporzioni- il migliore Boetti. E cioè scritte a terra, in corrispondenza di ciascun cubo sospeso, le frasi di due grandi spiriti fisico-matematici recuperano il senso di una giocosità che attraversa tutta l'operazione di Adele Lotito. La prima frase recita: "Dio non gioca a dadi con l'Universo", che è la stessa citata da Renato Caccioppoli, la seconda di Niels Bohr, "Dio gioca a dadi con l'Universo e imbroglia pure".
Lo scherzo è evidente e l'ironia deg!i scienziati e dell'artista serve ad alleggerire la tensione che altrimenti peserebbe come un macigno. Chi non ha mai sperimentato la fragilita di progetti plausibili e necessari ma che a volte finiscono per frantumarsi contro l'ineluttabilità del caso? Non per niente "Il caso e la necessità" di Jacques Monod e uno dei testi fondamentali del Novecento.
L'ultima ricerca di Adele Lotito - questa mostra lo pone chiaramente in evidenza - ha conosciuto uno scatto decisivo, per la capacità che dimostra di saper coniugare aspetti formali e concettuali, proponendo soluzioni di assoluta qualità e di imprevedibile, fascinoso equilibrio.